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Il confronto Usa-Russia in Ucraina rischia di allargarsi a Libia e Siria. Poi Etiopia-Tigray

Il confronto militare indiretto tra USA e Russia si allarga dall’Ucraina a Libia e Siria dove gli sviluppi degli ultimi giorni sembrano anticipare ulteriori escalation della tensione, segnala Analisi Difesa. Mentre riesplodono nel silenzio generale gli scontri in Etiopia fra l’esercito e le milizie del Tigray.
Il timore è che si inneschi di nuovo un conflitto che ha provocato massacri etnici e stupri di massa, proprio mentre milioni di persone sono a rischio alimentare per la peggiore siccità degli ultimi 40 anni.

Libia, guerra nascosta
Il 22 agosto un drone statunitense probabilmente decollato dalla base italiana di Sigonella, in Sicilia, è stato abbattuto sopra l’aeroporto militare di Bengasi dall’Esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar, con un missile del sistema di difesa aerea russo Pantsir S-1. «Sistemi antiaerei forniti dagli Emirati Arabi Uniti e gestiti con ogni probabilità da personale russo presente in Libia Orientale (Cirenaica) inquadrato nel Gruppo Wagner che da anni sostiene e affianca le forze di Haftar».

Gruppo Wagner ovunque?
Il Gruppo Wagner è presente da anni al fianco di Haftar e gli stessi Pantsir S-1 russi impiegati nella fallita offensiva contro Tripoli scatenata dal generale nel 2019 furono responsabili dell’abbattimento di molti droni turchi Bayraktar TB2 utilizzati dalle forze del governo di Tripoli sostenute apertamente da Ankara, sottolinea Analisi Difesa. Tra i bersagli colpiti, anche due Reaper, uno statunitense e uno italiano abbattuti nel 2019 sopra Tarhuna, città a sud di Tripoli, all’epoca epicentro degli scontri.

Wagner contro droni Usa
Le forze del Gruppo Wagner in Libia presidiano le basi militari di Giufra, al-Khadim, Benina, Gardabya (Sirte), Brak al-Shati (nel sud ovest) e proteggono terminal e campi petroliferi. 2mila uomini affiancati da miliziani siriani che sparano per aria, e colpiscono. Non solo lo sconfinamento di un velivolo armato americano sulla Libia (che non è certo una novità se si considerano i raid contro esponenti terroristici effettuati da anni da aerei in Sahel, Nord Africa, Medio Oriente e Asia Centrale), ma soprattutto il rischio di allargare i ‘campi di battaglia’ del confronto tra USA e Russia.

Siria, tra botta e risposta
Anche in Siria nuove tensioni Usa con i russi e loro alleati. Il 24 agosto, forze aeree statunitensi hanno colpito 11 basi e postazioni di milizie legate all’Iran. Attacchi aerei di precisione, «condotti sulla base delle direttive del presidente Joe Biden», precisano le fonti militari, che hanno colpito le infrastrutture dei gruppi affiliati al corpo delle Guardie rivoluzionarie Islamiche dell’Iran, i pasdaran, nella provincia siriana di Deir ez-Zor. Risposta all’attacco del 15 agosto contro le forze statunitensi a ridosso di alcuni campi petroliferi Usa.

Presenze straniere illegittime
Le forze statunitensi sono entrate in Siria nel 2015, sostenendo le milizie curde e arabe nella lotta contro lo Stato Islamico ma la loro presenza, non è autorizzata dal governo riconosciuto di Damasco né da una risoluzione delle Nazioni Unite. L’Iran ha intanto negato qualsiasi legame con i gruppi armati presi di mira dagli attacchi aerei americani nella Siria Orientale. Forse, non a caso, «Le nuove tensioni militari tra Stati Uniti e Iran in Siria si registrano, forse non casualmente, a pochi giorni di distanza dall’annuncio di una più intensa e stretta cooperazione militare, economica e nel settore spaziale tra Mosca e Teheran».

In Africa, Etiopia Tigray
Nuovi scontri in Etiopia fra l’esercito e le milizie del Tigray hanno rotto una fragile tregua durata solo 5 mesi. Il timore è di nuovo un conflitto che ha provocato massacri etnici e stupri di massa, mentre milioni di persone sono a rischio alimentare per la peggiore siccità degli ultimi 40 anni. Ogni fazione incolpa l’altra della violazione della tregua ma il New York Times denuncia che entrambi gli schieramenti hanno truppe al confine. Incubo di nuovo conflitto già segnato da massacri etnici e che ha precipitato nella carestia alimentare milioni di civili.

Circa il 90% dei sei milioni di abitanti della regione hanno bisogno di aiuti, avverte il World Food Programme. Crisi che potrebbe perfino portare alla frammentazione dell’Etiopia, «il più grande collasso di uno stato in epoca moderna».

REMOCONTRO

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