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Madre e figlia morte di sete nel deserto: una foto racconta gli abusi finanziati (anche) dall’Europa

Madre e figlia morte di sete nel deserto tra Libia e Tunisia

L’immagine simbolo diffusa dalla stampa e dalle ong, è quella di mamma e figlia, senza vita, distese una accanto all’altra, sulle sabbie roventi, i corpi riarsi dal sole.

Terribile, gli effetti del razzismo e xenofobia che vedono l’Unione Europea come mandante morale, visto che la loro politica è solo pagare perché i migranti vengano rispediti indietro.

E adesso stanno facendo il giro del mondo le foto dei migranti africani morti di sete e di fame nel deserto al confine tra Tunisia e Libia.

L’immagine simbolo che rimbalza sui social network, scattata, con altre, nei giorni scorsi, da un giornalista libico e diffusa dalla stampa e dalle ong, è quella di mamma e figlia, senza vita, distese una accanto all’altra, sulle sabbie roventi, i corpi riarsi dal sole.

Nelle dune soffocanti, i loro sogni hanno incontrato la loro fine: l’amore di una madre, il sogno irrealizzato di una bambina, – scrivono a corredo della stessa gli attivisti di Refugees In Libya su Twitter. – Il confine tra la Tunisia e la Libia è uno spartiacque sterile eppure dirottato dai politici occidentali. Dove i sogni vengono infranti e l’umanità sfidata”. All’attacco anche l’ong Human Rights Watch (Hrw): abusi gravi dalla Tunisia.

La tragedia dei migranti nel deserto nella foto-shock di mamma e figlia morte

E’ diventata l’immagine-simbolo della tragedia dei subsahariani deportati nel deserto africano. “Che vergogna in Tunisia, questa donna e la figlia sono morte nel deserto, senza acqua né cibo”, ha commentato la ong Refugees en Tunisie che, a sua volta, ha pubblicato la fotografia.

Mentre anche la Mezzaluna rossa libica ha lanciato un appello per aiutare i disperati bloccati al confine. “Siamo bloccati. Non possiamo andare avanti né indietro. Abbiamo bisogno di aiuto, non abbiamo cibo né acqua”, sono le invocazioni degli africani attraverso i video pubblicati in Rete.

Le accuse alla Tunisia di Human Rights Watch

 “Centinaia di migranti africani sono stati cacciati dalla città tunisina di Sfax (centro-est), principale punto di partenza dell’emigrazione clandestina verso l’Europa, prima di essere trasferiti in zone inospitali vicino alla Libia a est e l’Algeria a ovest”, denuncia nel report intitolato “Tunisia: No Safe Haven for Black African Migrants, Refugees” l’ong Human Rights Watch.

Le testimonianze raccolte dalla ong mostrano che sono rimasti senza acqua, cibo e riparo in mezzo al deserto. Secondo il rapporto, “la maggior parte degli abusi documentati è avvenuta dopo il discorso del 21 febbraio del presidente Kais Saied”, in cui ha condannato l’immigrazione clandestina, denunciando l’arrivo di “orde di migranti” che, a suo dire, stanno “cambiando la composizione demografica” della Tunisia.

Le forze di sicurezza tunisine hanno commesso negli ultimi mesi “gravi abusi” contro migranti, rifugiati e richiedenti asilo africani, il che dovrebbe indurre l’Unione europea a “cessare il suo sostegno” a questo Paese nella lotta all’immigrazione irregolare, è la posizione di Hrw, precisando di aver raccolto più di 20 testimonianze di “vittime di violazioni dei diritti umani per mano delle autorità tunisine”, in particolare da parte “della polizia, dei militari, della Guardia nazionale e in della Guardia costiera”.

“Questi abusi documentano percosse, arresti e detenzioni arbitrarie, espulsioni di massa, azioni pericolose in mare, sgomberi forzati, furto di denaro ed effetti personali”, secondo l’organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani.

Globalist

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