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Un Atlante per conoscere e capire le guerre nel mondo

La decima edizione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo aiuta a capire i conflitti in ogni parte del Pianeta. Il volume analizza le ragioni degli scontri armati in corso: chi combatte, perché, qual è la posta in gioco. Edito da Terra Nuova Edizioni, curato dall’associazione 46° Parallelo, direttore responsabile Raffaele Crocco.

di Fabio Polese

Esce il 4 novembre la decima edizione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo – edito da Terra Nuova Edizioni e curato dall’associazione culturale 46° Parallelo – dove vengono analizzate e spiegate le ragioni degli scontri armati in corso: chi combatte e perché, qual è la posta in gioco e le ragioni che muovono al conflitto.

Pensato come un vero e proprio atlante, il libro è un annuario aggiornato delle guerre in atto sul Pianeta. Uno strumento molto utile per capire quello che accade sia nelle periferie del Mondo, sia nei Paesi più vicini a noi, anche grazie alla ricca presenza di infografiche, cartine geografiche e fotografie.

Atlante delle guerre e dei conflitti: la drammatica situazione nel mondo nelle cifre di Raffaele Crocco
Il volume inizia con l’editoriale di Raffaele Crocco, il direttore responsabile, che ci riporta, attraverso i numeri, la drammatica situazione di un Mondo in rovina.

«I numeri scorrono implacabili davanti agli occhi. Sono i quasi 4,5 milioni di morti ufficiali a giugno 2021. Sono il miliardo di essere umani che muoiono di fame. Sono i 270milioni di persone costrette a emigrare per cercare un senso alla loro vita. Sono i 2mila miliardi di dollari spesi per comprare armi. Sono numeri di un Mondo che non vuole guarire e che nella grande pandemia da Covid-19 ha trovato nuove ingiustizie, nuove ragioni di conflitto e guerra».

I civili sono le principali vittime delle guerre in corso
Come spesso succede, la violenza colpisce principalmente chi non ha armi. Secondo l’ultimo rapporto del segretario generale dell’Onu sulla Protezione dei civili, sono migliaia quelli che continuano a soffrire in modo sproporzionato le conseguenze dei conflitti armati.

«A distanza di oltre vent’anni dalla Risoluzione 1265 (1999) del consiglio di Sicurezza Onu, che ha fissato i pilastri del tema della Protezione dei civili (PoC) nei conflitti armati, la popolazione continua a essere la principale vittima della guerra», si legge nel volume.

Purtroppo il «binomio guerra-pandemia ha aggravato il danno umanitario derivante dai conflitti armati ed esacerbato le vulnerabilità dei civili nei Paesi in conflitto, dove i sistemi sanitari sono vicini al collasso a causa dei continui attacchi alle strutture e al personale medico».

Myanmar a un passo dalla guerra civile

Proprio come è accaduto in questi mesi in Myanmar, dove ospedali, medici e infermieri sono stati spesso sotto il mirino dei militari che il primo febbraio scorso, con un colpo di Stato guidato dal generale Min Aung Hlaing (già a capo di Tatmadaw, l’esercito birmano), ha rovesciato il governo semicivile di Aung San Suu Kyi, arrestata col presidente Win Myint e altri esponenti della Lega nazionale per la democrazia (Nld).

«Dopo alcuni giorni, è iniziata in tutto il Myanmar una protesta pacifica con centinaia di migliaia di persone nelle piazze e una sorta di sciopero diffuso in tutti i settori vitali dell’economia», si legge nel capitolo sul Paese asiatico dell’Atlante. «Questo movimento di disobbedienza civile ha dovuto però affrontare una repressione durissima, che si è intensificata con l’andare del tempo».

Fino ad ora il bilancio delle vittime è oltre i mille morti, centinaia di feriti e più di 5 mila detenuti politici. Ma i numeri reali, come abbiamo più volte scritto su Osservatorio Diritti, potrebbero essere molti di più.

«Nel maggio 2021, le forze di sicurezza, che fanno capo alla giunta golpista del Consiglio amministrativo di Stato (State Administrative Council), hanno dovuto però affrontare la nascita delle Forze di difesa popolari (Pdf), nascita accompagnata da sempre meno manifestazioni di piazza e sempre più atti individuali mirati», continua l’approfondimento.

Intanto, «i cosiddetti “eserciti etnici” – espressione delle minoranze – hanno in gran parte rifiutato di sottomettersi alla Giunta e hanno iniziato combattimenti veri e proprie grazie soprattutto alle formazioni Karen e Kachin, tra le più attive» (leggi anche Birmania: etnia Karen vittima di una guerra silenziosa)

Combattimenti e azioni di guerriglia si sono estesi a macchia d’olio, portando il Paese ad un passo dalla guerra civile.

La crisi afghana nella decima edizione dell’Atlante delle guerre
Il mese di agosto 2021 è stato connotato dalle tragiche immagini dell’aeroporto di Kabul, che le televisioni di tutto il mondo hanno continuato a trasmettere per giorni. Proprio per questo, su questa edizione dell’Atlante delle Guerre, non poteva mancare la crisi in Afghanistan, a cui viene dedicato, oltre alla scheda del Paese, anche un approfondimento iniziale.

«L’Afghanistan proprio alla vigilia dell’uscita di questo volume è tornato a spaventare il Mondo. Il ritorno dei Talebani a Kabul è la prova di una tragica circolarità temporale delle guerre», scrive Crocco nell’editoriale.

Osservatorio dei Diritti

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