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Yashimine non ha tempo per le lacrime…

di Maria Luigia Alimena

Lei, stretta nell’abbraccio di Nawal, è Yashimine.
Il bagaglio più pesante che ha è quello che la guerra le ha lasciato. Un bagaglio interiore che l’ha resa forte, coraggiosa ma anche facile preda di un destino non scelto.

Yashimine è arrivata dalla Serbia. Suo marito è rimasto in Turchia. I soldi non bastavano per tutti. Hanno dovuto scegliere di dividersi per dare una possibilità di sopravvivenza alle loro tre bambine. Non sanno se e quando torneranno ad essere una famiglia.

Yashimine è una madre sola con la responsabilità di tre figlie. Arrivare in Grecia ha rappresentato la salvezza, ora deve pensare a sopravvivere.
È sola.
È donna.
È rifugiata
.

Le sue tre bambine hanno tutte meno di sei anni. La più piccola ne ha due.

Paga 150 euro al mese per una stanza in un appartamento in cui vivono altri sconosciuti. Deve anche pensare a procurarsi il cibo.
Per sé stessa riserva sempre il “dopo”, come tutte le madri del mondo.
Per sé stessa l’ultimo boccone, l’ultimo morso, lo spazio più piccolo del letto
.
Dentro di sé racchiude tutte le paure, quelle di ogni madre, quelle che per una donna sola risultano enormi. Non ha tempo per le lacrime.

I pochi soldi con cui è arrivata li ha usati per comprare una bilancia usata.
Non voleva ridursi a chiedere la carità. Ne vuole che la prostituzione sia la sua strada. La dignità è ciò che può insegnare alle sue piccole donne con il suo esempio.

La bilancia è la sua dignità. II suo amuleto porta fortuna.
Chiunque abbia bisogno di pesarsi lascia il suo compenso.
È così che vive Yashimine. Lascia che le sue paure pesino quanto la bontà di chi sa guardarla vedendone solo una madre che disperatamente e dignitosamente sopravvive alla vita e a sé stessa.

Le madri non hanno nazionalità.
Le madri hanno paure simili.
Hanno angoli di vita in cui racchiudere tutte le speranze che la realtà le costringe a sognare e a lottare cibandosi di “ultimi morsi” e di spazi piccoli.

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