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La denuncia. La guerra dei bambini non è un gioco. E non finisce mai

di Luciano Bertozzi

I dati di Archivio Disarmo: almeno 8mila i minori reclutati come carne da cannone da milizie e eserciti irregolari. Oltre un migliaio solo in Somalia

Nelle tante guerre dimenticate migliaia di bambini vengono utilizzati da decine di milizie e da taluni eserciti regolari. Lo ricorda l’Istituto di ricerca Archivio Disarmo di Roma (Iriad) in occasione della giornata che l’Onu dedica alla sensibilizzazione contro l’uso dei bambini soldato il 12 febbraio. Almeno ottomila minorenni, anche di appena cinque anni, sono stati “arruolati”, secondo le Nazioni Unite, in una ventina di Paesi, rapiti da scuole e villaggi per combattere le guerre degli adulti. I motivi? I conflitti in corso da decenni necessitano di nuova carne di cannone e i più piccoli sono facilmente indottrinabili e trasformabili in spietate macchine belliche. Per superare le paure vengono drogati e nei Paesi della fame solo chi è armato può mangiare! Talvolta vengono sottoposti ad un feroce rito di iniziazione: uccidere un prigioniero che ha cercato di scappare o essere uccisi. «I campi profughi – ricorda Simoncelli vice-presidente Iriad – e le masse di sfollati sono l’ambiente ideale per reclutarli».

I Paesi più coinvolti, secondo l’ONU, sono: Afghanistan, Burkina Faso, Colombia, Iraq, Mali, Myanmar, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Siria, Sudan, Sudan del Sud, Yemen, Somalia. In quest’ultima si registrano oltre un migliaio di fanciulli reclutati, per lo più da Al Shabab, ma anche da Esercito e Polizia. Il fenomeno a livello globale è in continua crescita, nel Sahel ultimamente la situazione è drasticamente peggiorata.

In generale i maschietti sono impiegati non solo come combattenti ma anche come informatori, messaggeri, trasportatori. Le ragazzine invece sono utilizzate come cuoche, schiave sessuali e spesso costrette a gravidanze indesiderate. In Nigeria, addirittura, Boko Haram le ha utilizzate come baby kamikaze, in quanto per loro era più facile eludere i controlli. Le Nazioni Unite ogni anno predispongono un rapporto che elenca i responsabili di questi crimini, ma senza dar luogo a sanzioni, quasi nessuno di questi regimi o guerriglie viene posto all’indice, nè politicamente nè militarmente. Il Tribunale Penale Internazionale punisce chi arruola e utilizza i minori di 15 anni, tuttavia l’impunità è quasi la regola, infatti solo pochi signori della guerra africani sono stati condannati ed uno dei responsabili politici, l’ex Presidente del Sudan, El Bashir non è mai stato consegnato al Tribunale per essere processato.

Ad ogni modo il lavoro delle agenzie dell’ONU ha consentito la liberazione di circa quindicimila fanciulli, ma la smobilitazione non basta per reinserirli nella vita civile. Questi ragazzi sono spesso messi ai margini della società e, privati di altre opportunità, vengono nuovamente arruolati o si dedicano al banditismo. Per le ragazze la situazione è ancora peggiore, sono vittime di uno stigma sociale per essere state stuprate e hanno grandi difficoltà a recuperare la propria vita. I fondi per il recupero degli ex combattenti, che dovrebbero essere considerati un investimento per la pace per ricostruire società distrutte dal conflitto, in realtà sono sempre insufficienti. I Paesi più sviluppati non mostrano interesse a finanziare questi progetti ma solo a vendere armi.

Avvenire

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