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L’inviato speciale nella Storia che svelò la bugia «italiani brava gente»

di Alberto Negri

Martedì è morto a 96 anni lo storico e giornalista Angelo Del Boca, noto per essere il primo studioso ad essersi occupato in maniera sistematica della storia del colonialismo italiano, facendone emergere gli aspetti più violenti –come i crimini di guerra commessi durante le campagne in Africa fino ad allora poco noti e raccontati, e sfatando il mito che lo considerava in qualche modo diverso e più “umano” rispetto a quello degli altri paesi europei.
«Il primo e più importante storico del colonialismo italiano, infatti, ha disegnato personalmente, insieme alla vasta minoranza che nutrì l’antifascismo e la Resistenza, la traiettoria storico-politica che tutto il Paese avrebbe dovuto compiere, e che non ha compiuto, all’indomani della caduta del regime di Mussolini e della fine della Seconda guerra mondiale», scrive Davide Conti.
Attento all’attualità sino all’ultimo, in una intervista a Tommaso Di Francesco sulla Libia, 10 anni fa aveva predetto, «la Libia che abbiamo conosciuto non esiste più, si è ‘somalizzata’, con l’aggravante che è una Somalia dall’altra parte delle nostre sponde mediterranee»
La memoria di Alberto Negri sul manifesto.

Il liberatore dallo stereotipo ‘italiani brava gente’

Non c’è scaffale di libreria in questo Paese dove non si intraveda un suo libro. Come partigiano nell’Oltrepò e nella Val Trebbia fu tra i liberatori d’Italia, un’Italia che poi lui, da storico, liberò dallo stereotipo degli «italiani brava gente» coltivato durante un colonialismo spietato ma che ci ostinavamo a raccontare diverso dagli altri. Da inviato speciale del Giorno – diretto da un altro partigiano, Italo Pietra – ci ha lasciato cronache dall’Africa e dall’Asia indimenticabili, come indimenticabili sono i ritratti dei protagonisti di quel Novecento, da Nehru a Gheddafi, che Angelo Del Boca percorse e scandagliò in profondità.

Il maggior storico del colonialismo italiano

È stato il maggiore storico del colonialismo italiano, il primo studioso italiano ad occuparsi della ricostruzione critica e sistematica della storia politico-militare dell’espansione italiana in Africa orientale e in Libia, e primo tra gli storici a denunciare i numerosi crimini di guerra compiuti dalle truppe italiane durante le guerre coloniali fasciste. Fu anche sempre presente nei momenti topici della nostra storia: intervenendo a contrastare sui media versioni false del passato e anche della cronaca contemporanea. Era il «nostro inviato» nella storia e nell’attualità.

La polemica con Montanelli sui raid con l’iprite in Etiopia

In Etiopia, Del Boca incontrò più volte l’imperatore Hailé Selassié, che gli aprì il suo archivio riservato. Del Boca scriverà un libro che diventò un best seller internazionale II Negus. Vita e morte dell’ultimo Re dei Re. Nel 2014 l’università di Addis Abeba gli conferì una laurea honoris causa in storia africana rendendo Angelo Del Boca il primo italiano e il primo europeo a ottenere questo riconoscimento dall’Etiopia dopo la seconda guerra mondiale.

Negus Hailè Selassiè e il rispetto dovuto

Una stima che si è potuta leggere affiancata a una serena critica, nel suo ritratto dell’imperatore etiopico in cui Del Boca conclude: «Qualunque sia il giudizio finale su Hailè Selassiè, la sua figura merita rispetto e considerazione. È impossibile non provare un senso di grande ammirazione e di riconoscenza verso l’uomo che il 30 giugno 1936, dalla tribuna ginevrina della Società delle Nazioni, denunciava al mondo i crimini del fascismo e avvertiva che l’Etiopia non sarebbe stata che la prima vittima di quella funesta ideologia». Ma del Boca non guardava soltanto indietro. Il suo sguardo era puntato sempre anche sull’attualità.

L’intervento Nato in Libia e la fake news

Criticò con forza i raid della Nato in Libia nel 2011 di cui ancora oggi tutti paghiamo le conseguenze. E intervenne anche con puntualità quando allora i media rilanciarono la fake news di fosse comuni con migliaia di vittime. La sua precisazione fu tagliente: «Innanzitutto è evidente anche dalle immagini che non si tratta di fosse comuni. Il luogo poi non è la spiaggia ma il cimitero di Tripoli perché si vedono un minareto e varie case che sono le ultime abitazioni della città, proprio dove comincia il cimitero». Non aveva mai smesso di essere un reporter.

L’attenzione alla realtà dei fatti

A Del Boca interessava appurare la realtà dei fatti, che fosse storia o cronaca. E fu anche il primo a far raccontare la storia coloniale dai protagonisti e dai testimoni locali, non soltanto dalle fonti italiane, sempre di parte e assi edulcorate, se non censurate. Basta sfogliare alcune delle sue opere maggiori come ‘Gli italiani in Libia’, ma anche alcune meno conosciute. Nello scaffale della libreria trovo un volume che forse è meno noto di altri, ‘A un passo dalla forca, le memorie del patriota libico Mohammed Fekini’.

Le memorie di Mohamed Fekini

Nel 2006 Del Boca ebbe l’opportunità di consultare un documento di cui si ignorava l’esistenza, le memorie di Mohamed Fekini, capo della tribù dei Rogebàn, che come Omar el Mukhtar in Cirenaica fu uno dei più irriducibili oppositori alla dominazione italiana. Del Boca ci offre con la narrazione lucida e precisa di Fekini una ricostruzione finalmente completa e attendibile del periodo che va dal 1911, anno dello sbarco degli italiani a Tripoli, fino agli anni Trenta.

Di quella conquista della «quarta sponda» che nell’arco di vent’anni fece 100mila vittime tra i libici. Altro che italiani brava gente”.

REMOCONTRO

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